Storia del free climbing

Associazione Culturale Nuovi Orizzonti

Storia del free climbing
di Fabio Palma

Storia del free climbing

Queste righe sono un estratto dall’introduzione al libro Uomini&Pareti
e non vogliono essere un caposaldo ma semplicemente un invito a conoscere
la favolosa storia dell’arrampicata.


Anni fa, complice soprattutto i film di Edlinger e Berhault in Francia, Manolo in Italia e Dawes in Inghilterra, si parlava di free climbing come nuova disciplina nata dall’alpinismo ma progressivamente assunta a un ruolo proprio. Sembrava fosse nata negli Stati Uniti, ma le fonti erano confuse e, soprattutto se praticato in montagna, non era chiaro che filosofia nascondesse.

Oggi si sente sempre più spesso parlare di arrampicata sportiva, e sempre meno di free climbing. Eppure la distinzione c’è, e forte.

Il free climbing è la filosofia del salire senza aiutarsi con le protezioni per progredire, ma non rinuncia (anzi…) all’esistenza del rischio e dell’avventura, due concetti da sempre propri dell’Alpinismo. L’arrampicata sportiva invece elimina il rischio dalla sua interpretazione, centrando ogni attenzione sulla prestazione. Il terreno di gioco può essere lo stesso, come nel caso della falesia, ma cambiano i connotati del gioco: arrampicare proteggendosi a friends, per esempio, è free climbing, così come arrampicare in libera in montagna.

Yuji Hirayama

Quasi un secolo fa Preuss teorizzo’ l’arrampicata libera nella sua forma piu’ pura, addirittura sostenendo che si doveva salire solo dove si sarebbe stati capaci di scendere. Preuss era un integralista tutto d’un pezzo, anche sostenitore dell’arrampicata senza corda, e la sua morte fu commentata con una certa ironia dalla maggior parte dei contemporanei, convinti che il salire era più importante dello stile nel salire. Un atteggiamento su cui non era d’accordo anche A.F. Mummery, forse il primo a concepire l’idea di via piuttosto che quella di salita.

Le idee di Preuss non furono comunque vane per tutti, ma si dispersero nella corsa alla vetta che divenne motivo dominante dell’Alpinismo di metà secolo.

Negli USA la storia seguì un tracciato diverso, complice anche la geologia: il granito infondeva più fiducia del calcare nel salire usando solo gli appigli.

Maestro e precursore dell’arrampicata libera fu l’americano John Gill, che negli anni 50 introdusse l’uso della magnesite e la tecnica dei lanci nell’arrampicata. Fu anche precursore della scalata sui massi, come lo fu Pierre Allain in Francia.

Quasi contemporaneamente a Gill si comincio’ a intravedere in Yosemite qualcosa di piu’ di un semplice paesaggio; aiutati dalle stupende e pulite fessure granitiche, molti americani cominciarono a superare quello che in Europa veniva confusamente indicato come sesto grado (5c/6a). Si narra che il piu’ elegante fu Salathe’, che ebbe per questo da Robbins e compagni l’onore del nome di una via ancor oggi fra le piu’ famose del mondo.

Negli anni 60 quindi sicuramente il livello di Yosemite era superiore a quello Europeo ed Australiano, con Royal Robbins in testa e l’odierno 6b gia’ domato sulle lunghe fessure del Capitan.

Mauro "Bubu" Bole

In Europa erano gli Inglesi i più avanti nella concezione del free climbing, anche perche’ le piccole pareti a loro disposizione costringevano, per divertirsi, a spingere la difficolta’. Ma anche in Germania e Italia isolati pionieri riconoscevano che salire le montagne in libera era ben diverso che affidarsi ai chiodi per la progressione: non si può dimenticare Rebitsch, Wiessner, Soldà, Vinatzer, scalatori che ambivano allo stile quanto al coronamento della salita.

Le prime grandi imprese di Free climbing avvennero comunque in America sul finire degli anni ‘60, per opera di fuoriclasse come Peter Cleveland, Steve Wunsch e successivamente John Long, John Bachar, Tony Yaniro, Henry Barber e Ron Kauk. Quest’ultimo, giovanissimo, pochi mesi dopo la sua prima salita, insieme a Bachar e a Long, percorse la meravigliosa Astroman (7a) in completa arrampicata libera, nel 1975. Una via destinata a diventare una classica per tutti i liberisti, e a creare poi scalpore molti anni dopo, quando Peter Croft la percorse piu’ volte slegato.

I giovani americani si allenavano duramente e vivevano ai margini della società, praticamente da hippy, e colpirono i primi scalatori europei che viaggiarono oltreoceano. Pete Livesey tornò dagli USA in Inghilterra nel 1975, subito fondando una palestra d’arrampicata e inneggiando alla scalata libera.

Kauk fece un’altra grande impresa con Tales of power (1977, 7b/7b+), anche se la sua fama varco’ l’oceano soprattutto per la spettacolare libera di Separate Reality, 1978, un tetto fessurato orizzontale disposto sopra un vuoto siderale.

Quando le foto di queste libere arrivarono in Europa, la reazione degli alpinisti classici fu addirittura di incredulita’, mentre alcuni giovani cominciarono a lanciarsi su tutto il granito fessurato a disposizione; dal canto suo Messner, precursore come sempre e grande studioso dei pochi pionieri dei decenni precedenti, trascrisse nel rivoluzionario "settimo grado", un testo che fece epoca, quelli che secondo lui dovevano essere i dettami dell’alpinismo su roccia: fra questi, non usare le protezione per progredire, e quindi salire in libera, possibilmente con meno chiodi possibili.

Negli stessi anni, con pochissima eco in Europa e USA, Kim Carrigan domava Prokol Orum (Australia, M.ti Arrapiles 7b+, 1978), e poco dopo Yesterday (1979, 7b+/7c): erano livelli molto al di la’ dei limiti europei.

In Francia, intanto, suscitava clamore Le Triomphes d’Eros, di JC Droyer, (1975, 6c+) che diventera’ il piu’ polemico e acceso sostenitore del free climbing (liberando moltissimi settimi gradi in tutte le Alpi alla fine degli anni 70). Droyer scateno’ un vero vespaio in Francia, simile a quello suscitato da Messner qualche anno prima nel suo libro "assassinio dell’impossibile": entrambi affermarono chiaramente che l’artificiale stava uccidendo l’arrampicata, e che si poteva fare molto di piu’ laddove si preferiva affidarsi a staffe e chiodi.

Ma la rincorsa europea sembrava infinita: Pete Cleveland centro’ l’8a gia’ nel 1977, ma molto piu’ clamore fecero Phoenix e Grand Illusion, quest’ultima una stupenda fessura strapiombante che Tony Yaniro risolse nel 1979. Per dare un’idea di quanto fossero avanti gli americani nell’80, basta dire che al suo primo viaggio oltreoceano Gullich non riuscì (1979) sulle due vie in questione, tanto che gli ci vollero 10 mesi di allenamento mirato per vincerle entrambe nel 1982 (e fu il primo 8a europeo; ma non su suolo europeo).

E questa fu veramente un’impresa che segno’ un’epoca, e il passaggio di testimone fra Yosemite e l’Europa.

Nel 1981 le vie europee piu’ dure erano la corta ed esplosiva Le Haine, a Mentone (7c/7c+, Berhault), i terribili 40 metri del Mattino dei maghi (Manolo, 4 protezioni di cui 2 soli chiodi a espansione) e Schleimspur, 7b+, aperta da Gullich nello Jura.

L’arrivo di Gullich nel free-climbing ha rappresentato una svolta difficilmente ripetibile; meno talentuoso di Edlinger, Rabatou, Manolo Glowatz e Kammerlander, fortissimo fisicamente, si applico’ all’arrampicata con la classica tenacia teutonica ma con una fantasia molto superiore. Contrarissimo (come quasi tutti i tedeschi e gli Inglesi, e a differenza della maggior parte dei top francesi e italiani) ai pur minimi ritocchi della roccia, grande amante dei viaggi, Wolfang Gullich porto’, talvolta trascino’, il free climbing verso mete impensabili ad inizi anni 80: con l’avvento di Gullich il free climbing si elevo’ a sport, ma senza abbandonare l’avventura.

Yuji Hirayama

Ma naturalmente altre nazioni si muovono, anche se con meno pubblicita’: le dolomiti furono per esempio sconvolte dal 17enne Sustr che, incitato da Igor Koller, tirera’ un settimo espostissimo e assolutamente sprotetto nella via del Pesce, in Marmolada; via storica, "Attraverso il pesce " e’ una delle prime vie col 7+ obbligatorio in apertura (mentre, in ripetizione di vecchi itinerari artificiali, Manolo, Droyer, Albert, Zaik avevano gia’ toccato l’ottavo e il nono).

L’82 vede la rincorsa in falesia all’8a, sfiorato ancora da Manolo, dal gia’ famoso e mediatico Edlinger, da sempre piu’ francesi. In Francia, infatti, l’arrampicata esplode: grazie ai video di Berhault, Edlinger e Destivelle, grazie al Verdon e a tutti gli altri km di roccia a disposizione, grazie al classico sano sciovinismo francese. Non sara’ vero che saranno padroni di tutta l’evoluzione dell’arrampicata, ma lo faranno credere molto bene!!

Nell’83, da piu’ parti, in falesia si dichiara finalmente l’8a. Questione di mesi o settimane, ufficialmente e’ Ca glisse au pays des merveilles di Edlinger, ad entrare nella storia. Ma lo meritano anche Reve de Papillon e Le caeur est un chasseur (Mouries), dell’elegantissimo Antoine Le Menestrel; Crepinette (Eaux claires), di Guillot; Fritz de cat, (Saussois), fine 1982 , di Tribout; Draculella, di Manolo. E The Face, in Germania, che Jerry Moffat dichiara 8a+ (un altro da intervistare, probabilmente sopra le parti).

In montagna invece l’8a arriverà nel 1988, naturalmente con Manolo ma anche con i giovanissimi fratelli Huber, cognome destinato a diventare famoso. Mentre nel 1984 il fuoriclasse norvegese Hans Cristian Doseth aveva introdotto la filosofia free (insieme a quella dello stile alpino) in Karakorum, con una via di 1600 metri sulle Torri di Trango.

Tappe storiche e fondamentali per la decisiva esplosione del free climbing, a cui, ufficialmente con la prima gara del 1985 e poi con le prime falesie spittate vicine, si affiancherà l’arrampicata sportiva.

Da allora l’equivoco si è sempre più ingigantito, e pochi si curano di chiarirlo. Eppure basterebbe leggere la storia di un Alex Huber o di un Manolo per distinguere quando uno scalatore si impegna nell’arrampicata sportiva (Huber ha all’attivo due 9a irripetuti da anni) e quando supera i limiti nel free climbing (sempre Huber, sulle grandi pareti di tutto il mondo, e Hirayama sulle vie di El Capitan, due recentissimi esempi). Una distinzione importante per esaltare sia che apre il futuro nell’arrampicata sportiva (Steve Mc Clure e Chris Sharma, due nomi fondamentali dell’inizio secolo) sia chi esplora la visione indicata da Doseth, Knez, Gullich e Albert negli anni ’80: il free climbing sulle "Big Walls".

Fabio Palma

 


Bibliografia:
History of free climbing in America Pat Ament
Uomini&Pareti Palma/Svab Ed. Versante Sud
Action Directe, Wolfgang Gullich Tillman Ed. Versante Sud
John Gill, Il signore del Boulder Pat Ament Ed. Versante Sud
Climbing free Lynn Hill Ed. Vivalda
Segni sul Calcare M.Ferrari Ed. Vivalda
Power of Climbing D. Johnson Ed.Vision
Settimo grado R. Messner Zanichelli

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